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Le basi fondamentali di una scienza finanziaria pura

§ 1.

Superata la fase delle teoriche della produzione e dei pubblici bisogni1, la finanza pura si volge a costruire una teorica delle pubbliche imprese, la quale non è altro che un particolare aspetto della teoria generale delle produttività marginali. A questo modo si tiene nel debito conto non solo la domanda dei servigi e beni pubblici, ma eziandio l’offerta di detti beni, tentando di ricercare le condizioni di equilibrio che esistono tra il mercato della domanda ed il mercato dell’offerta.

L’impresa è il nuovo elemento che viene studiato nel campo della produzione. L’impresa non è che un modo di organizzazione dei vari fattori produttivi che entrano in un processo di produzione. Data una determinata quantità di fattori produttivi, in un luogo e tempo determinati, vi saranno diversi modi di riunione, d’organizzazione di detti fattori, per il raggiungimento di diversi scopi, o anche per il raggiungimento di un solo scopo. Vi sarà pur sempre uno fra questi modi che raggiungerà più economicamente lo scopo: quel modo rappresenterà l’ impresa in quel momento più perfetta. Si procederà per tentativi e per esperimenti per determinare il modo migliore. E siccome le quantità di fattori produttivi sono in continua variazione, perché dipendono anche dai risultati delle combinazioni, i tentativi di organizzazione saranno infiniti, specie in una società dinamica. Ogni organizzazione più economica delle precedenti, costituirà un vantaggio, un elemento di produzione. Appunto per questo l’economia pura considera l’impresa come uno dei fattori della produzione. Tutte le condizioni, o le cause che importano una maggiore o minore produttività di un atto produttivo, noi le dobbiamo assumere come altrettante forze cooperanti al processo della produzione. Se a parità di lavoro e di possesso la produttività di due combinazioni produttive può variare a causa di una diversa organizzazione, dovremo concludere coll’ammettere quale fattore di produzione l’organizzazione industriale o l’impresa. Conclusione importante per le illazioni che ne potremo trarre anche nel campo dell’economia finanziaria.

Ora, le principali forme di organizzazione industriale hanno riguardo alle persone che rappresentano l’impresa, che sono cioè i soggetti agenti nella coordinazione dei vari fattori produttivi. Da questo punto di vista le imprese si distinguono in imprese individuali ed in imprese collettive. Ed ancora si distinguono le imprese private e le imprese pubbliche. L’impresa pubblica può essere anche impresa individuale, nella maggior parte dei casi però è impresa collettiva. Le imprese pubbliche sono le organizzazioni politiche. Qualunque organizzazione politica rappresenta anche una impresa industriale. L’inverso non si potrà dire. L’impresa industriale è il genere, l’impresa politica la specie.

§ 2.

Il principio fondamentale adunque dal quale si deve partire è il seguente: ogni organizzazione politica è un’impresa industriale.

Il tutto sta nel determinare la natura di questa speciale organizzazione che si chiama impresa politica.

Intanto premettiamo che gl’imprenditori, o le persone la cui funzione è quella di coordinare i diversi fattori della produzione, ubbidiscono pur sempre alla legge del minimo mezzo. Di fronte alle diverse coordinazioni, preferiranno l’organizzazione più economica. Se essi sceglieranno l’organizzazione politica vorrà dire che con questa possono più economicamente raggiungere lo scopo.

Il processo che possono seguire diverse economie nel raggiungere uno scopo può essere schematicamente così indicato.

Le tre economie A, B, C hanno uno stesso bisogno a cui soddisfare, hanno uno stesso scopo da raggiungere. Questo scopo lo possono raggiungere : a) lavorando isolatamente, senza preoccuparsi una dell’altra, combinando ciascuna economia i diversi fattori della produzione nel modo da ciascuna ritenuto più opportuno. In questo caso avremo l’impresa individuale ;- b) unendosi fra loro in associazione. Questo avverrà tutte le volte che la cooperazione delle forze potenzierà la produttività dell’industria. In questo caso avremo l’impresa collettiva ; c) facendo sopportare il costo dell’impresa anche su altre economie D, E, F, G, ecc., che non entrano nell’impresa, e precisamente ripartendo il costo dell’impresa su una collettività. Si ricorrerà a questo processo quando esso rappresenterà il modo più economico per raggiungere uno scopo. Allora si avrà una pubblica impresa o un’impresa politica.

Le caratteristiche dell’impresa pubblica derivano allora dal metodo economico che un individuo, raramente, o un’associazione d’individui, nella maggior parte dei casi, sono obbligati a seguire, nel processo produttivo, per conseguire un maximum d’utilità. Questo metodo economico talvolta si confonde cogli scopi stessi dell’organizzazione politica. L’impresa pubblica si può definire « l’organizzazione produttiva che ha per iscopo di far compartecipare tutta una collettività all’acquisto di dati beni o servigi ». In genere essa è l’impresa meno costosa per gl’imprenditori, perché ripartisce il costo di produzione dei beni su economie che non entrano nell’impresa.

§ 3.

Tutta la teorica delle pubbliche imprese sta nella formulazione del teorema fondamentale che l’economia pura mette a base dell’attività dell’imprenditore privato.

Teorema « L’impresa pubblica o politica (individuale o collettiva) offrirà servigi o beni fino a che la sua offerta uguagli la domanda di detti beni, — le verranno offerti fattori produttivi fino ad eguagliare la sua dimanda ».

L’imprenditore lo possiamo riguardare, seguendo la felicissima concezione del Walras, come una persona intermedia tra un mercato di prodotti ed un mercato di servigi produttori o di fattori della produzione. Vediamo cosa si deve intendere per dimanda ed offerta nel mercato dei prodotti e nel mercato dei fattori produttivi. Il che rischiarerà i concetti di soggetto, oggetto, costo della pubblica impresa e mostrerà la natura del calcolo edonistico che vi avviene.

Soggetto dell’impresa politica, o imprenditore politico, è quella economia, o quel gruppo, o quella classe economica che coordina, a proprio rischio o pericolo, dei fattori produttivi per costringere tutta una collettività a compartecipare alla produzione di beni o alla prestazione di servigi determinati. Oggetto dell’attività dell’imprenditore politico non è il provvedere ad uno invece che ad un altro bisogno, si è piuttosto il creare una forza di coazione per distribuire il costo di determinate produzioni su una collettività. Quindi l’offerta che l’imprenditore fa sul mercato dei prodotti consiste in questo speciale servigio che possiamo chiamare « distribuzione coattiva di determinati costi su una collettività ». La domanda di questo speciale servigio viene fatta da coloro che trovano vantaggiosa la ripartizione dei costi, supportati in alcune produzioni, su altre economie, paragonandola al costo che devono subire per ottenere lo scopo. Quasi sempre coloro che costituiscono la dimanda rappresentano gli stessi imprenditori politici, formano cioè essi stessi l’impresa politica o tentano d’impadronirsi dell’impresa pubblica già esistente. Alle volte invece un gruppo di economie che non partecipa all’impresa, compera i servigi dell’impresa. Nel primo caso il profitto dell’imprenditore sta nella differenza tra la diminuzione di costo ottenuta per il raggiungimento di determinati beni o servigi, ed il costo sopportato per esercitare l’impresa, per ottenere cioè la forza di coazione. Nel secondo caso il profitto sarà dato dalla differenza tra il costo del servigio ed il prezzo del servigio stesso.

Conviene tener conto anche del mercato dei servigi produttivi. L’imprenditore qui si trova in concorrenza cogli imprenditori privati. Il prezzo dei fattori della produzione sarà determinato dai rapporti intercedenti tra la loro produttività marginale ed i loro costi nelle imprese. Potrà darsi che la grande domanda di certi fattori da parte dello stato, faccia aumentare il prezzo dei fattori, ed allora, se i fattori sono aumentabili, ne avremo un’offerta maggiore. L’imprenditore politico può provocare così una distribuzione diversa di guadagni per gli offerenti di certi fattori produttivi, ed un aumento di certe produzioni. Può darsi che questi speciali produttori privilegiati appoggino l’impresa politica, non perché sieno imprenditori, ma perché ne traggono vantaggi indiretti.

§ 4.

Le imprese politiche abbisognano d’un ingente capitale d’impianto e d’esercizio e di attitudini personali speciali. Ecco perché è difficile che nasca la concorrenza tra imprenditori politici, e perché la concorrenza non può sussistere, dovendo una seconda impresa necessariamente perire di fronte ad un unico scopo che si estrinseca in uno stesso ambiente. Il forte costo dell’impresa spiega anche il perché non è da tutti assunta, poiché al certo sarebbe a qualunque economia vantaggioso il ripartire i costi di una produzione, che va tutta a proprio utile, su una serie indefinita di economie.

§ 5.

Il concetto di costo in scienza delle finanze è quello che diede luogo a maggiori equivoci, per non essersi tenuto distinto l’oggetto ed il soggetto dall’impresa finanziaria. Si sono infatti sempre confusi i costi dell’impresa, i costi della collettività ed i costi dei consumatori. Anche in scienza delle finanze è avvenuto quello che per lungo tempo si è verificato nella scienza economica ; non si tenne mai distinta la parte che concerne la teoria della distribuzione, dalla parte concernente la teoria della prosperità (Hadley). La teoria della distribuzione mostra come la pubblica ricchezza è divisa fra i diversi membri della collettività ; la teoria della prosperità studia la ricchezza di fronte alla collettività come un tutto, riguarda risultati complessivi, non individuali. Ora, in scienza delle finanze si è quasi sempre trattato lo Stato, o il soggetto dell’azione finanziaria, come il rappresentante della collettività, colla quale dovea avere comuni i costi e le rimunerazioni. La nostra analisi mostra che vi può essere un imprenditore politico, consumatori di servigi politici, la collettività. A seconda della comprensione dell’impresa, aumenteranno o diminuiranno i consumatori e i membri della collettività considerati nei loro rapporti coll’imprenditore politico. Intanto distingueremo :

1°) I costi dell’impresa. Questi costi, a seconda dei diversi casi, possono comprendere : a) il costo ed i sacrifici del lavoro direttivo ; b) le spese fatte per imporre alla collettività l’assunzione di determinati costi, ossia per imporre alla collettività il concorso suo al procacciamento di determinati beni o servigi, le spese per la coazione ; c) le quote di compartecipazione ; per raggiungere colla collettività determinati prodotti o servigi.

2°) I costi dei consumatori dei prodotti dell’impresa politica ; consumatori del servizio di coazione. Se i consumatori sono essi stessi produttori, e cioè imprenditori politici, i costi supportati sono quelli del caso 1°). Se i consumatori sono economie estranee all’impresa, oggettivamente i loro costi si concretizzano nelle spese necessarie ad ottenere dall’imprenditore politico la ripartizione coattiva di determinaticosti sulla collettività.

3°) I Costi della collettività, che consistono in tutti isacrifici, le quantità di lavoro, le sottrazioni di beni chela collettività ha dovuto sopportare. Questi costi però non costituiscono tutti perdite a secco, perché possono esservi degli eventuali compensi, e dello possibili rimunerazioni.Infatti possiamo fare due ipotesi: a) o la collettività entra tutta nella categoria dei consumatori di pubblici servigi — e cioè costituisce parte della dimanda sul mercato dei prodotti ; b) o la collettività entra tutta a costituire l’impresa politica ; essa stessa si organizza per sottoporre tutti i membri alla coazione che ha per iscopo la partecipazione di tutti ai costi in alcune produzioni.

§ 6.

Questa ultima ipotesi è quella più comunemente assunta dai finanzieri nella costruzione delle loro teorie. Infatti il calcolo edonistico che dovrebbe fare il soggetto finanziario è quasi sempre istituito tra i costi che deve subire la collettività e le soddisfazioni che la collettività ricava dalle sue contribuzioni. Ma nella realtà la collettività non entra mai completamente nell’impresa politica. Noi non possiamo neppure teoricamente ammettere che l’organizzazione politica rappresenti una grande cooperativa di produttori e di consumatori, come ad alcuni piace d’ immaginare. L’organizzazione politica sussiste infatti per costringere tutti i consociati a sopportare i costi di determinate produzioni. Ora, nascerebbero subito fra i membri della collettività due lotte: una per la determinazione delle produzioni da sopportarsi in comune, l’altra per la distribuzione dei costi. Nella scelta delle produzioni e nella assegnazione dei costi trionferebbe la parte più forte ; il che significherebbe che questa parte sola ha vantaggio a produrre la forza di coazione, e cioè ad organizzarsi politicamente. Adunque, anche ammettendo una società in cui predominino le idee più larghe di libertà, in cui teoricamente tutti i membri possano partecipare all’impresa pubblica, le spese di coazione che deve sostenere l’imprenditore politico non scompariranno, perché in ogni società vi saranno sempre diversità di sensazioni e di bisogni, vi saranno sempre maggioranze e minoranze, e quindi desideri e necessità di coazione. Se dai costi dell’impresa politica venissero a sparire i costi 1°, b), vorrebbe dire che l’impresa politica avrebbe cessato di esistere, e si sarebbe trasformata in un’altra impresa. Questo si avrebbe solamente realizzandosi il sogno anarchico della soppressione di ogni impresa politica. Il che, se fosse possibile, importerebbe una diminuzione di costo per la collettività, perché l’impresa politica come impresa è sempre costosa, e perché ancora essa si esplica non lasciando svolgere liberamente le iniziative private. Ma dei costi 1°, b), nella migliore ipotesi, non c’è da aspettarsi che una diminuzione, la quale sarà tanto più possibile quanto una maggior parte della collettività parteciperà all’impresa politica, e quanto maggiore sarà la libertà nelle singole economie e nei singoli gruppi di costituirsi in impresa, o di separarsi da precedenti imprese politiche (Molinari).

§ 7.

Un’analisi del calcolo edonistico che deve fare l’imprenditore politico, ci porta alla determinazione di vari casi teorici in riguardo alla costituzione dell’impresa.

Intanto premettiamo alcune nozioni sui termini tecnici da adoperarsi. Chiamasi produttività marginale di un elemento produttivo l’incremento di prodotto che otteniamo applicando ad una combinazione produttiva l’ultima unità disponibile di quell’elemento. L’homo oeconomicus spingerà l’impiego di ciascun fattore della produzione fino al punto in cui l’ultimo incremento del fattore dia un incremento di prodotto sufficiente appena a rimunerare se stesso ; chiameremo punto di saturazione questo punto. Ma la produttività dei fattori non la possiamo considerare in un senso fisico solamente, dovremo anche trattarla da un punto di vista economico, tenendo conto cioè dei costi che dobbiamo sopportare per adoperare un fattore produttivo qualunque. Allora il punto di saturazione economica lo si incontrerà prima del punto di saturazione fisica, e la produttività marginale d’un fattore sarà data dall’incrocio delle curve di rimunerazione e di costo, calcolate oggettivamente e soggettivamente. Per la legge di sostituzione ogni fattore produttivo che entra in una stessa impresa dovrà avere la stessa produttività marginale. Tutte le imprese, in uno stesso mercato ed in uno stesso tempo, avranno produttività economiche marginali eguali. I profitti degl’imprenditori sono guadagni differenziali, costituiti dalla produttività delle applicazioni al dissopra degli impieghi marginali. Può darsi che vi siano profitti marginali, quando, per la mancanza di perfetta libertà di concorrenza tra i vari fattori produttivi o tra i vari imprenditori, l’impresa si fermi prima che la linea dei costi intersechi la linea delle rimunerazioni. In questi casi la produttività marginale dell’impresa costituisce un surplus d’utilità per l’imprenditore, in quanto i costi marginali non coincidono cogli incrementi marginali d’utilità conseguiti, ma questi sono superiori a quelli.

§ 8.

I casi teorici che possiamo immaginare, in riguardo alla costituzione dell’impresa politica, si riducono a 4: a) Possiamo fare il caso che l’imprenditore sia una sola persona ; b) possiamo postulare un gruppo o una classe economica che si assuma l’impresa per produrre a se stessa i servigi politici ; c) possiamo considerare un gruppo o una classe economica che produca i servigi politici per consumatori che sono al di fuori del gruppo ; d) possiamo finalmente concepire l’impresa come rappresentante di tutta una collettività, che produca cioè i servigi politici per conto della collettività intera.

In tutti questi casi non si deve mai concepire l’impresa come qualcosa di astratto, come una persona per se stante, cadendo nell’errore delle scuole finanziarie che facevano dell’organismo politico un ente diverso dalle persone che lo componevano. La reazione a questo modo di concepire l’impresa politica, o lo Stato, è culminante in Sax, il quale avverte che i compiti dello stato, i bisogni dello Stato, le funzioni dello stato non sono che compiti e bisogni di vere economie, che compongono in un determinato momento lo stato, e che i calcoli edonistici che intervengono sono calcoli di persone reali e non di persone astratte o immaginarie.

§ 9.

Cominciamo dal caso a). È il caso del capo assoluto d’una tribù, è il caso del principe medioevale, è il caso dell’ autocrate dei grandi stati del rinascimento. La potenza intellettuale, il predominio morale, la forza materiale dell’individuo sono tanto grandi ch’egli può essere un imprenditore politico. E cioè, di fronte ai possibili impieghi della sua attività produttiva, di fronte alle possibili imprese che gli si presentano, egli preferirà l’impresa politica perché gli procaccierà un reddito maggiore. Egli adopererà cioè la sua potenza a costringere tutta la collettività a sopportare i costi per l’ottenimento del suo reddito. Intanto però il costo dell’ imprenditore si estrinseca nel lavoro di direzione e nell’impiego di un capitale nell’impresa. L’imprenditore dovrà mantenere degli armati, preparare materiali per la coazione, fornirsi di un congegno amministrativo complesso. Questi impieghi capitalistici costituiscono una necessità per l’imprenditore.

Alcuni, scambiando il mezzo collo scopo, credettero di ravvisare in questi necessari impieghi vere funzioni dell’organizzazione politica. Le così dette funzioni di difesa e di offesa dello stato non sono bisogni che si soddisfino, sono piuttosto mezzi per raggiungere lo scopo di procacciarsi un reddito derivandolo dalla collettività. Si continuerà ad applicare fattori produttivi in questa speciale impresa fino a che le produttività marginali del processo produttivo eguaglino i costi marginali. Il profitto dell’imprenditore sta nella differenza tra i costi ed i prodotti. Questo profitto, reddito dell’impresa, sarà impiegato a soddisfare i bisogni particolari dell’imprenditore. Anche qui, alcuno confonde le soddisfazioni ottenute dal consumo di un reddito, con funzioni proprie dell’imprenditore. Non sono le funzioni dello stato che aumentano, non sono i bisogni dell’imprenditore che crescono, la causa causarum di tutto il processo, — sono soddisfazioni maggiori che si possono avere da un aumento di reddito. Per cui, se si vuol tener conto dei bisogni dell’imprenditore, conviene tenerne conto come di una causa che può influire sull’importanza dei beni e quindi sul loro valore. Possiamo riguardare il fabbisogno dell’imprenditore come influente sulla domanda dei servigi che l’organizzazione politica può dare. Questa domanda da sola non spiega e non segna i limiti dell’impresa ; questi limiti devono determinarsi anche in relazione alla produttività dell’impresa stessa. Il fabbisogno non è mai un dato autonomo ; come esso può continuamente variare col variare delle circostanze dell’ambiente, cosi può modificarsi modificandosi la produttività dell’impresa. Quindi potremo dire che se il fabbisogno dell’imprenditore è tenue, lo stimolo ad una maggiore produzione sarà anche debole ; questo stimolo potrà crescere non solo crescendo il fabbisogno ma anche aumentando la produttività dell’impresa.

Concludendo, il calcolo edonistico dell’imprenditore non si istituisce tra il modo più economico, pubblico o privato, di soddisfare a certi bisogni. Qualunque bisogno sarà soddisfatto più economicamente, per l’imprenditore isolato, dall’impresa politica, la quale ripartisce i costi di produzione su economie che non partecipano alla distribuzione del prodotto. Il confronto edonistico invece si farà tra il costo dell’impresa ed i prodotti dell’impresa, fatta astrazione dai bisogni, alla cui soddisfazione verrà impiegato il reddito conseguito. Fin dal principio in questi calcoli edonistici, cerchiamo di non incorrere nella confusione tra beni i bisogni. Soggettivamente saranno utilità che vengono a confronto, oggettivamente saranno quantità di beni (Graziani).

§ 10.

Passiamo al caso b) ; è il caso più frequente, quello di un gruppo o di una classe economica che si assume la impresa per costringere la collettività a procacciare un reddito alla classe.

Qui abbiamo la prima forma d’associazione cooperativa per l’impresa politica ; ne vedremo poi altre forme. Intanto osserviamo che è falso il ritenere che l’impresa politica sia sempre una impresa collettiva, — abbiamo già visto che può anche essere individuale, — ed un’impresa cooperativa costituita per ottenere la soddisfazione più economica di alcuni bisogni. Anche qui si tratterà della formazione di un reddito, che sarà maggiore con questa forma piuttosto che con un’altra forma d’impresa. Ogni associato farà il calcolo se gli convenga maggiormente la compartecipazione all’impresa politica o la partecipazione a produzioni private, individuali o collettive.

Quando un’impresa politica cooperativa si forma, le spese di coazione sono di due specie : una prima coazione si estrinseca a mantenere unita l’associazione, la seconda coazione è la solita, quella che concerne la distribuzione dei costi sulla collettività. Gli utili dell’impresa si distribuiranno a seconda delle produttività marginali dei consociati, e delle produttività marginali delle loro quote di contributo. Anche qui l’impresa avrà una produttività marginale. Nel calcolo edonistico la collettività è trascurata ; i veri soggetti sono solamente i consociati.

In una prima fase storica il costo della funzione unica dell’impresa politica, che è la coazione, si estrinseca nelle spese di guerra. La guerra è il modo di procacciarsi un reddito, il modo più economico. Si ha la fase della concorrenza guerriera come la chiama il Molinari. I più forti trovano il loro tornaconto ad uccidere i più deboli, piuttosto che dividere fra loro uno stock di sussistenze : la somma di lavoro e di pene sopportata nella distruzione è reputata inferiore alle privazioni che si sarebbero sopportate rarefacendosi le sussistenze. Nel caso dell’antropofagia il profitto sarebbe doppio, perché le sussistenze aumenterebbero in due modi.

In una seconda fase si trova maggior profitto ad asservire i più deboli, invece di massacrarli. Si ha allora quello che il Molinari chiama la concorrenza politica ; la guerra ha due obbiettivi principali : la difesa degli stati già formati e di loro ingrandimento. È cosi che le tribù più intelligenti che vivono di razzie, onde perpetuare questa forma di reddito che minaccia di diventare temporaneo e diminuente, asserviscono le popolazioni e sono interessate a proteggerle, perché proteggono il loro dominio. L’impresa politica diventa un organismo che ha per oggetto lo sfruttamento dei territori conquistati e delle popolazioni asservite ; il che del resto costituisce un progresso decisivo di fronte alla concorrenza guerriera, perché nella concorrenza politica si ha la collettività protetta contro le invasioni straniere non solo, ma incoraggiata talvolta ad accrescere il suo prodotto lordo, con istituzioni che provvedono alla sicurezza interna ed esterna della collettività.

Anche qui, i mezzi atti a raggiungere un reddito o un profitto maggiore, furono confusi cogli scopi o coi bisogni stessi dell’impresa. Quello ch’era effetto lo si assumeva per causa. Una breve considerazione mostra subito l’errore. Il reddito dell’impresa si può dividere in due parti : a) una parte è destinata a continuare, a perfezionare, ad allargare l’impresa, per esempio si costruiranno fortezze, porti, armi, mezzi di difesa e di offesa, strade, ponti ecc. Queste opere possono tornare a vantaggio della collettività, soddisfare cioè i bisogni comuni alla associazione o impresa politica ed al resto della collettività. Ma questa coincidenza di bisogni è puramente casuale e non influisce nel calcolo edonistico dell’imprenditore ; d’altra parte il costo di queste soddisfazioni ricade pur sempre, in massima parte, sulla collettività ; b) una seconda parte del reddito è destinata a soddisfare i bisogni degli associati. Anche qui sarebbe erroneo il confondere queste spese coi bisogni dell’organizzazione politica ; chiamare funzioni o attribuzioni dello stato la soddisfazione dei bisogni dei singoli associati. Qui non si tratta che della spesa di un reddito. Non si tratta di speciali bisogni d’indole collettiva. Piuttosto, siccome l’altezza del reddito determina uno speciale fabbisogno, questo fabbisogno soddisfatto costituisce uno speciale tenore di vita che può influire come elemento di domanda sull’intensità dello sfruttamento esercitato dall’impresa politica.

§ 11.

In seno alla cooperativa politica potrebbe però esplicarsi un’ulteriore azione economica. Potrebbe nascere il problema seguente : il reddito ottenuto deve essere speso collettivamente, o individualmente ? Come si capisce, la questione può nascere per qualche bisogno, e non per la generalità del reddito. Se nasce per il bisogno x, si possono fare le ipotesi: a) che il bisogno x sia un bisogno risentito da tutti i membri della associazione e che tutti credano conveniente nella stessa misura una soddisfazione collettiva ; b) che sia invece risentito da una parte sola. dei consociati politici ; c) che, pure essendo bisogno comune a tutti, non tuttis’accordino nel ritenere più conveniente il provvedere collettivamente al bisogno. Il caso a) e meramente ipotetico. Nei casi b), c) prevale il parere della maggioranza ; è il calcolo di convenienza della parte più forte che determina l’azione collettiva. È necessaria la coazione per raggiungere lo scopo, precisamente un trattamento come quello usato verso i membri della collettività non consociati politicamente. Il tornaconto della maggioranza sta ancora nella possibilità di distribuire i costi di produzione su economie che non risentiranno i benefici immediati del processo produttivo. Anche qui, non è la soddisfazione del bisogno collettivo che costituisce la funzione dell’impresa politica, — ma l’unica funzione politica è pur sempre la coazione.

Tuttavia le spese collettive che ora la forza coattiva dell’imprenditore ha imposto, sono fatte sempre dall’imprenditore, e sono fatte per la soddisfazione di alcuni bisogni dei consociati. Vuol dire che l’imprenditore fa altre spese e quindi ha altre funzioni che non siano quelle di coazione. Ma si noti quale è stato il calcolo edonistico nella determinazione di queste spese. Dieci economie associate hanno un dato reddito di 100. Di queste economie, 8 credono che 56 si debba spendere, a mo’ d’esempio, in conduttura d’acqua, le altre due vogliono essere libere di spendere la loro quota di reddito a loro talento, o credono di potersi isolatamente provvedere l’acqua ad un costo minimo, inferiore al costo collettivo. Quale è il calcolo delle 8 prime economie ? In genere si dice che il confronto è istituito tra la spesa necessaria a conseguire l’acqua isolatamente, e la spesa necessaria nell’azione consociate. Invece è chiaro che il confronto si farà tra la diminuzione di costo che si potrà ottenere e la somma necessaria a mettere in opera la forza coattiva che provocherà la distribuzione del costo totale e la diminuzione dei costi da parte della maggioranza. La maggioranza si costituisce di fronte alla minoranza, precisamente come l’associazione intera si costituiva di fronte alla collettività, si costituisce in impresa politica. I partiti che tendono alla conquista della direzione dell’ impresa politica, li possiamo considerare come altrettante associazioni politiche, organizzazioni armate per conquistare il potere, in ragione dei benefici materiali e morali che la gestione dell’impresa procura. Nel nostro esempio il calcolo edonistico per le 8 economie che vogliono avere collettivamente la conduttura d’acqua, si svolge press’a poco così. La spesa complessiva per avere l’acqua può essere di 56, se i lavoratori agiscono isolatamente ; vuol dire che ciascuna delle 8 economie dovrà sopportare un costo di 7. Per propugnare l’azione collettiva occorrerà che questa presenti un costo complessivo inferiore a 56 ? Non è necessaria questa condizione e può anche non essere sufficiente. Non è necessaria perché anche presupponendo i costi dell’ azione collettiva costanti, e cioè sempre in 56, si avrà convenienza a collettivizzare perché i costi complessivi saranno distribuiti su 10 economie invece che su 8. Collettivizzando la soddisfazione del bisogno, o la produzione della conduttura d’acqua, i costi delle singole economie saranno ridotti a 5,6 ; supponendo che la distribuzione avvenga su un piede di eguaglianza. Questo guadagno di 1,4 per le 8 economie dovrà essere paragonato al costo sopportato per ottenere la collettivizzazione, alle spese cioè di coazione. Non è sufficiente perché, per ottenere la collettivizzazione, occorrono delle spese, e conviene tener conto di questo spese per determinare la convenienza della cosa. Suppongasi che agendo collettivamente, il costo complessivo della conduttura d’acqua da 56 discenda a 50 ; è chiaro che si potrà collettivizzare fino a che le spese di coazione siano inferiori a 6 ; che se queste spese sorpassassero il 6, non ci sarebbe più la convenienza economica.

§ 12.

Nei due ordini di spese, che finora abbiamo esaminati, a cui procede l’associazione politica, le spese per la coazione esterna e le spese per la coazione interna all’impresa, ci sono però delle differenze se non qualitative almeno quantitative. Infatti quando il gruppo politico cerca di far sopportare i costi di una produzione ad una parte della collettività che non partecipa all’impresa, si tratta d’imporre a questa parte un costo che in genere cresce fino a che l’ultimo incremento messo nelle spese di coazione non uguagli il prodotto. Qui abbiamo quel processo e quel fenomeno finanziario che dicesi imposta. Invece lo scopo della coazione nell’interno del gruppo si è quello di ripartire i costi, piuttosto che di trasferirli completamente su un’altra classe. I consociati, cioè, non si vogliono completamente sottrarre ai costi della impresa, vogliono che tutta la collettività partecipi ai costi ; essi non si sottraggono ad una contribuzione per raggiungere lo scopo, vogliono solamente diminuirla. Chiameremo contributo questa spesa che i consociati sopportano e che deve essere unita, per i calcoli dei costi complessivi, con la spesa necessaria ad ottenere la coazione. La differenza però tra l’imposta ed il contributo è una differenza quantitativa e non qualitativa, poiché ambedue derivano dall’unica funzione dell’impresa politica, e non indicano altro che le gradazioni o gli scopi più o meno lati dell’impresa stessa. Nell’un caso avremo uno sfruttamento completo, nell’altro uno sfruttamento minore (Molinari).

§ 13.

Sottoponiamo ad analisi il caso c), in cui si considera l’impresa politica nelle mani di un gruppo o di una classe, la quale, oltre che essere consumatrice diretta dei servizi dell’impresa, vende a consumatori non appartenenti al gruppo i servigi di coazione prodotti. È questo il caso più evoluto dell’impresa pubblica, in cui nettamente gli imprenditori si possono distinguere dai consumatori. Citiamo sommariamente gli esempi che concretizzano questa forma d’impresa. Uno Stato accorda dei privilegi ad un’economia o ad un gruppo di economie, dietro un congruo compenso. Qui escludiamo i casi in cui le economie privilegiate abbiano conquistato il potere per imporre coattivamente il privilegio. Invece può darsi che lo Stato venda ad un inventore la forza coattiva che gli proteggerà l’uso esclusivo della sua invenzione ; accordi ad una banca il monopolio di emissione, riservandosi compartecipazione agli utili ; conceda un diritto di protezione ad un industriale o ad una industria che ha saputo comperare la protezione. Tutti conoscono le corruzioni tentate presso i governi, presso i rappresentanti di nazioni, presso i legislatori da parte d’industriali che hanno interesse ad ottenere un provvedimento, una legge. Si ricordi la politica immorale rimproverata ai direttori e rappresentanti di trusts. Si ricordino i lamenti contro il procedere disonesto dei governi e degli appaltatori per concedere e per avere opere pubbliche. Si ricordino le losche operazioni ed i compromessi per ottenere opere di utilità locale, regionale, o d’utilità esclusiva di classi speciali. In tutti questi casi si compera dall’imprenditore politico lo speciale servigio della coazione, che altrimenti non si potrebbe avere. Talvolta la coazione riguarda l’azione esterna di uno Stato, l’azione cioè di un imprenditore verso altri imprenditori politici. Così molte guerre furono pagate e si combatterono per conto di altri paesi, o di classi economiche particolari. Nel medio evo questi speciali contratti economici erano frequenti. Gl’interventi dell’imperatore o del pontefice nelle lotte tra i comuni, costituivano operazioni essenzialmente economiche ; gl’imprenditori politici, e cioè l’imperatore ed il pontefice, vendevano i servigi di coazione ai consumatori, ch’erano i comuni. Anche odiernamente si possono citare esempi in cui s’invoca l’intervento di uno Stato, in caso di conflitto, pagando il suo appoggio colla cessione di una parte del territorio o col riconoscimento di diritti e di conseguenti doveri di soggezione2.

In questo caso il calcolo edonistico dell’imprenditore non ha d’uopo d’alcune spiegazione. L’imprenditore trae un profitto dalle sue operazioni, ed è indotto a proseguirle, fino a che non abbia trovato un punto di saturazione, il punto di equilibrio. Le funzioni a cui adempie lo Stato sono determinate dall’interesse dei consumatori che crea l’interesse dello Stato. Anche qui la collettività non entra nel calcolo edonistico ; né riscontriamo la pressione di bisogni generali a cui si possa provvedere collettivamente con costi diminuenti.

§ 14.

Ci rimane da considerare il caso d), in cui tutta una collettività costituisce e partecipa all’impresa politica. Lo imprenditore è la collettività, ed il calcolo edonistico dovrà derivare dalla collettività stessa ? L’imprenditore produce forza di coazione. Questa forza di coazione si rivolge a mantenere la collettività sotto determinate forme, a raggiungere certi scopi, certe idealità, a soddisfare certi bisogni collettivamente. Non discutiamo la forma, gli scopi, i bisogni della collettività. È certo però che se questi elementi fossero identici per tutti gli associati, sarebbe inutile l’azione dell’imprenditore politico ; la coazione verrebbe a cessare e scomparirebbe qualunque organizzazione politica. Se perdura lo Stato vuol dire che la coazione è necessaria a far trionfare i bisogni di una maggioranza. Il calcolo edonistico e allora solo di una parte della collettività, è quello della. maggioranza. Data però l’ipotesi di una compartecipazione generale di tutti i membri della collettività alla impresa politica, la coazione assume la forma più mite ; essa si volge a raggiungere la forma del contributo e non la forma dell’imposta. Un’ulteriore lotta si manifesta sulla determinazione e distribuzione del contributo. A seconda che il contributo sarà maggiore o minore varierà per l’individuo la convenienza di votare la spesa di coazione. Queste spese coattive fanno si che l’azione collettiva riesca sempre più costosa dell’azione individuale o associata indipendente. Può darsi tuttavia che, ad onta di queste spese, la corporazione massima e cioè comprendente tutta la collettività riesca più economica. Ma noi già sappiamo che la maggiore produttività complessiva di una produzione collettiva non è né necessaria né sufficiente a determinare l’azione collettiva, se non tenendo calcolo delle spese di coazione. La questione adunque sta tutta nelle proporzioni nelle quali un bisogno è risentito dai membri di una collettività, e nella possibilità di ripartire i contributi in modo disuguale.

La coazione consiste in questo : nell’obbligare tutti i consociati all’impresa a contribuire ad uno scopo, per esempio alla conduttura dell’acqua. Facciamo l’ipotesi più larga, e postuliamo che si tratti di conseguire uno scopo, o la soddisfazione d’un bisogno, d’indole generale. L’impresa preleva da tutti i membri della collettività un contributo. Supponiamo ancora che il contributo sia eguale per tutti i soci. L’espressione oggettiva economica della convenienza a collettivizzare la produzione d’un bene, starà nel prezzo a cui il consumatore potrà comperare un dato prodotto. Questo prezzo, tanto se pagato prima della prestazione del servizio, quanto se pagato al momento del consumo, dovrà essere inferiore al prezzo che si avea precedentemente sul mercato. Per esempio : l’acqua costava prima cent. 20 al me. ; ora costa, colla produzione collettiva, cent. 10 al me. Tutti i consociati dovrebbero accordarsi su questa produzione collettiva che riesce per tutti meno costosa. Ma questa non è una causa sufficiente per indurre tutti a collettivizzare una produzione : tanto che vediamo discussa e combattuta ad oltranza l’assunzione di certe produzioni collettive che presentano il carattere della generalità e della maggiore economicità. Quali sono le cagioni di questo fatto ?

Nel caso di contributo eguale per tutti i soci, come nel caso dei prezzi che si pagano al momento del consumo, le ragioni le dobbiamo ricercare in questo, che, al momento di stabilire quali devono essere i bisogni da soddisfarsi collettivamente, non tutti i consociati possono essere d’accordo sulla preferenza da darsi ad uno piuttosto che ad altro bisogno. La cosa procede così. Tutti sono in presenza di un modo più economico per soddisfare ai propri bisogni, questo modo più economico è la coazione che distribuirà i costi su tutta la collettività. Ciascuno, a seconda dell’importanza dei propri bisogni e della facilità più o meno grande a soddisfarli isolatamente, propenderà a far adottare quel bisogno la cui soddisfazione collettiva gli apporterà il vantaggio maggiore. Qualunque produzione collettiva che presenti la condizione della maggiore economicità e che dia prodotti di consumo generale, potrebbe con vantaggio essere accolta da tutti i consociati. Ma essi hanno di mira non l’utilità differenziale isolata di un solo atto produttivo, ma l’utilità relativa di tutte le possibili produzioni che si potrebbero collettivizzare. Bisognerebbe, perché non nascessero contestazioni, che il potere di coazione da parte dell’imprenditore politico, fosse infinito, senza limiti ; ma è certo che anche questo potere, in ogni momento, è determinato nella sua estensione e nella sua efficacia.

Quando poi il prodotto più economico si ottiene, nelle produzioni collettive, con un contributo disuguale che grava i singoli consociati, allora la lotta politica per non dichiarare la collettivizzazione, risulta necessaria ed evidente. Si dica per esempio : l’acqua e un bene di consumo generale, collettivamente la si ottiene ad un costo minore, ma per ottenerla innalziamo proporzionalmente il saggio delle imposte esistenti. Se il sistema tributario preesistente è già sperequato, vuol dire che la sperequazione si acuirà sempre più, e che il calcolo economico sarà diverso per le economie a seconda che si troveranno in condizioni favorevoli o no di fronte al sistema tributario. Il che vuol dire che anche qui nasce un calcolo di convenienza, il quale non è semplicemente un confronto tra costi o prezzi complessivi diversi, ma è un confronto più complesso tra utilità relative dei vari consociati.

Concludendo: anche quando l’imprenditore politico rappresenta tutta la collettività, il solo fatto che l’imprenditore funziona significa che la collettività abbisogna di un servizio di coazione per distribuire i costi. Il che significa che vi sono dei calcoli di convenienza diversi da associato ad associato per la determinazione dei bisogni che collettivamente devono essere soddisfatti. Collettivizzando la soddisfazione di alcuni bisogni, si specula sempre sulla compartecipazione ai costi di economie che volontariamente non avrebbero compartecipato.

§ 15.

La teoria finanziaria che concepisce il fenomeno finanziario come l’attività di un’impresa industriale avente per iscopo la distribuzione dei costi di determinate produzioni su tutta la collettività, viene a correggere le teorie finanziarie che hanno per fondamento e come punto di partenza la concezione del bisogno collettivo. Queste teorie hanno riguardo solo alle condizioni della domanda dei servizi pubblici e non alle condizioni dell’offerta. Noi invece dimostriamo che non vi sono bisogni pubblici, o collettivi, nell’assoluto senso della parola, in contrapposto a bisogni privati. Sono sempre degli individui reali che calcolano la convenienza d’imporre alla collettività la produzione di determinati beni. I bisogni che soddisfano i detentori della pubblica impresa, e che diconsi bisogni collettivi, o sono spese che l’impresa deve fare per funzionare, o sono soddisfazioni che si possono avere consumando il reddito o il profitto dell’impresa stessa. La natura del bisogno non spiega l’attività speciale dell’organismo politico, è la pubblica impresa che determina ed origina le soddisfazioni degli imprenditori. E cioè, è l’impresa più economica quella che viene adottata per il procacciamento di beni ; se questa impresa è l’impresa politica, i bisogni che si soddisfano col reddito così ottenuto non possono essere assunti come le cause dell’impresa : tutt’al più certe soddisfazioni saranno mezzi per creare e mantenere l’impresa. Noi vediamo che storicamente variano i cosiddetti bisogni pubblici o collettivi ; nessun bisogno collettivo può dirsi abbia i caratteri della universalità nello spazio e nel tempo. Quindi anche la prova storica ci conferma nell’opinione della fallacia della dottrina che considera le soddisfazioni ottenute collettivamente, come necessariamente derivanti dalla natura speciale di bisogni che diconsi collettivi.